Qualche giorno fa ho letto un articolo di Mariana Mazzucato questo > What Role Should Business Play in Society?

Mazzucato è colei che ha scritto libri come Lo Stato Innovatore e che gira per il mondo ha dire cose così:


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La Silicon Valley ha un tot di ringraziamenti da fare.

Si può essere d’accordo o meno con lei, ma non si può certo dire che ciò che dice non corrisponde a verità ovvero: che lo Stato sia un volano per l’innovazione e che questa venga usata dalle aziende. Le infrastrutture ne sono l’esempio lampante e, sempre Mazzucato, ha ripetuto e continua a ripetere che la Silicon Valley deve sostanzialmente baciare i piedi alle infrastrutture che ha avuto l’opportunità di utilizzare, altrimenti non saremmo qua a parlare dell’esistenza stessa della Silicon Valley.

Il Capitalismo Cooperativo

Nell’articolo che ho condiviso più sopra trovo un concetto che mi piace molto: il Capitalismo cooperativo, o meglio cooperativo e multistakeholder. Ossia un modello che, messi davvero al centro i famosissimi stakeholder (banalmente i clienti delle aziende stessi, noi), riesca a redistribuire valore nella società avendo come partner lo Stato il quale la smette di essere un soggetto “mutualistico” e si mette nella condizione di essere proattivo sia nella creazione dell’innovazione, sia nella valorizzazione di politiche e investimenti che possano far bene alle aziende e, soprattutto alla società poichè il VALORE creato si riesce a redistribuire.

Mettere il Global Compact al centro

Come si fa? Esistono degli esempi e nell’articolo Mazzucato li cita, per cui non impossibile. E poi c’è un altro fatto ovvero noi stakeholder. Mazzucato parte citando gli obiettivi del Global Compact e gli Investimenti ESG che la maggior parte dei comuni mortali non conosce, ma dovremmo per due ragioni in primo luogo perchè dobbiamo avere consapevolezza delle SFIDE enormi che dobbiamo affrontare a livello globale, la seconda perchè averne contezza può muovere il nostro lavoro e le nostre scelte di consumo nel senso di quel capitalismo cooperativo.

Esistono due tipi di pressione per cambiare le cose: una è dall’alto e quindi una spinta che diffonde, un po’ come la doccia e deve esserci qualcuno che apre il rubinetto o dal basso e qua l’esempio è quello del geyser (e questo esempio l’ho già fatto più volte).

No impact no party

Ora, cosa mi preme sottolineare? Gli obiettivi Sdg’s non sono “difficili”, basta volerli seriamente mettere al centro della propria missione ed è il seriamente il punto cruciale. In realtà -sempre come scrive Mazzucato- i tentativi si riducono a un “washing” generale: green, pink, rainbow etc…Ovvero, da una parte la comunicazione fa il suo mestiere con qualche campagna ad hoc per esempio per la promozione della gender equality, dall’altra investimenti, finanziamenti e mentalità aziendale non muovono un pelo per attivarsi ed avere un serio IMPATTO su quella specifica problematica.

Così facendo si perde VALORE, anzi non lo si crea, nè lo si redistribuisce. Valore di cosa? Del brand a livello aziendale e di comunità.

Una data attività ha un impatto quando è in grado di migliorare un qualcosa in modo fattivo, non necessariamente tutto.

Per esempio se metto al centro della mia attività la sopracitata gender equality l’ovvietà è che pagherò tutti e tutte nella stessa maniera, introdurrò congedi paritari, farò bagni gender less, introdurrò un linguaggio inclusivo, e più “at large” lavorerò per avere asili nido, promuoverò l’educazione pre primaria, creerò fondi per le materie Stem perchè avrò contezza del fatto che l’educazione è il primo pilastro per l’equità di genere ed è esattamente in questo senso che posso cooperare con la comunità e lo Stato. La missione è il lungo percorso della visione e la strada dei valori. Qualsiasi cosa sotto è solo comunicazione.

Conclusioni, per ora

L’argomento è davvero ampio e in un momento storico così complesso vale la pena soffermarsi sull’ipotesi di procedere in un senso più cooperativo, anche nelle critiche stesse al capitalismo, cioè tanto alla fine in un sistema di questo tipo ci dobbiamo vivere, tanto vale cambiare -strategicamente- modello senza pretendere di essere eroi, ma persone comuni che mettono le persone al centro.


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2 thoughts to “Capitalismo cooperativo

  • emanuela

    Bel testo Chiara, l’ho letto tutto quello della newsletter sulla Plasmon. Non riuscivo a staccarmi nonostante fossi di fretta e non avevo tempo. Tanti spunti di riflessione, sopratutto per me che faccio comunicazione, e tra l’altro già da diverso tempo mi chiedo quanto abbiamo influito negativamente alcuni andamenti. Poi non sono così megalomane ma certamente la comunicazione ha fallito in alcuni ambiti. Detto questo se Plasmon è un tuo cliente mi spiace…Vero è che se guardo da consumatrice e non da “addetta ai lavori” sto ancora aspettando che molte aziende rivedano anche i loro prezzi su ciò che vendono. Ricordo bene che Plasmon era carissima, ma come loro è pieno di aziende che stanno collassando per andamenti di mercato non previsti che li hanno esclusi. Poi penso sempre che quando un mercato cambia l’azienda si debba adattare, se vuole stare in piedi. va bene sono andata per le lunghe. Brava Chiara!

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    • chiara formenti

      Grazie!!!

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