Gli esseri umani sono animali narranti.

Canta o dea , l’ira d’Achille Pelide
Rovinosa che infiniti dolori inflisse agli achei
Gettò in preda all’Ade molte vite gagliarde ,
d’eroi , ne fece il bottino dei cani ,
di tutti gli uccelli –consiglio di Zeus si compiva-
da quando prima si divisero contendendo
l’Atride signore d’eroi e Achille glorioso.”

Dal tempo dei Camuni in poi c’è sempre stata questa voglia di raccontare. Un’attività meravigliosa, fatta di parole e immagini, un’attività che genera empatia, ovvero ci fa funzionare il cervello: i neuroni specchio.

Ci sono infinite strutture che ci aiutano a trasmettere le narrazioni: frammenti di noi stessi, di una marca, di un prodotto, di un luogo, di un’invenzione e alcune di queste le facciamo nostre.

Dall’invenzione della stampa in poi abbiamo vissuto un’invasione di parole, poi la carta è diventata uno schermo e si è resa interattiva con i link, la lettura non è più puramente lineare.

Un fatto rimane immutato, una storia ha successo quando chi la riceve decide di la renderla propria. e oggi le storie possono scegliere molte vie per entrare nelle nostre case o nelle nostre mani.

Abbiamo più scelta, ma quanto di questo sciibile scegliamo? Poco.

L’editoria è invischiata nel fango, il giornalismo è così frammentato da risultare inconsistente, il cinema soffre, la fotografia è minacciata da Instagram

Eppure, eppure vale un vecchia regola, anzi l’unica regola: se queste narrazioni le costruisci bene, vinci. Per farlo ci vuole cultura, strategia, tempo, dedizione, visione, un architetto che fondi le trame e un narratore che sia capace di far funzionare il “flauto magico”.

E dunque ditemi: se mettessi insieme tante storie belle per farne una sola narrazione? Se per caso decidessi di parlare di Role Model alla generazione Z, se decidessi di rompere un tot di clichè, se decidessi di usare vie improbabili per comunicare e se tutto ciò fosse pure messo nelle mani degli utenti finali fin dal momento 0? Il che significa empatia pura e nessun controllo da parte del deus ex machina di tutto il progetto.

Cosa succederebbe? Perché tutto ciò oggi è possibile, certo che lo è. I crowdfunding sono la quintessenza della perdita di potere su un progetto e, al contempo, un potenziale incipit iniziale di una nuova Iliade. I crowdfunding sono quei mezzi meravigliosi nei quali devi essere così bravo a raccontare ciò che vuoi fare da convincere le persone a darti soldi veri, mica solo like o cuoricioni: la vecchia pecunia, seppure in formato virtuale, ma pur sempre pecunia. Loro -gli utenti- ti pagano per qualcosa che accadrà, forse, nel tuo futuro, e ci credono, credono in te e questo è una bella responsabilità perché a tutti gli effetti diventano stakeholder ovvero portatori di interessi, personaggi che ha da sempre la Coca – Cola, ma non ci si sarebbe mai aspettati che ognuno di noi potesse averne.

Figurarsi poi essere così bravi da raccogliere un milione di dollari in 140 giorni con quel progetto sui succitati Role Model, e farlo anche diventare  uno strumento didattico senza l’ombra di Elsa, né Anna, né Iron Man, ma Frida Khalo, Rita Levi Montalcini,

Pffff…maddai!

Oh, è successo.

Laddove non esistono i budget di Nike (che io definisco #qcfld quelli che fanno la differenza), là nelle gole profonde di Kickstarter e affini, alcune ragazze han fatto GOOD NIGHT STORIES FOR REBEL GIRLS e in un battibaleno han dimostrato a Pantene – come ad altri e forse anche a me – che ad almeno 19.445 persone in 71 paesi del mondo va tanto di rigenerare e proteggere i neuroni specchio perché sì, in fondo avremo pure dei capelli a forma di nido di chiurlo, ma una Rebel Girls possiede armi segrete incredibili: forza e libertà e sono io a decidere cosa fare dei miei nidi di chiurlo: chiaro?

Tutto ciò è meglio impararlo fin da subito, o rinfrescarsi la memoria.

Le Rebel Girls dietro questo miracolo son  Elena Favilli e Francesca Cavallo donne che con Timbuktu Lab han fatto scuola, ma questa è davvero un altra storia.

Rebel Girls ha vinto è il Santo Graal del marketing attuale: l’egagement.

Rebel Girls ha un Valore così alto da essere condiviso perché intensamente vissuto sulla nostra (idratata) pelle di donne contemporanee.

Io stessa quando ho visto per la prima volta questo progetto, non solo l’ho condiviso sulla mia bacheca di facebook, ma l’ho postato anche nella chat delle mamme della classe di mio figlio che conta 25 persone iscritte. Immaginate dunque che almeno altre 10 abbiano fatto come me.

Ecco fino a dove può arrivare un Contenuto. Ecco come si raccontano le storie e non mi riferisco al fatto che questo sia un libro: il suo output finale è molto più di una raccolta di racconti biografici, è uno strumento, un prodotto nel quale le variabili coese tra loro son così ben congegnate da risultare una bomba.

Può Rebel Girls essere un esempio virtuoso?

Sì, e per ciò che riguarda le narrazioni dedicate alle donne: deve, perché sono abbastanza certa che il 90% degli “investitori” siano figlie di Eva, donne di 71 paesi che sì…sai che c’è? Me lo sfoglio la prossima volta che mi tocca vedere la pubblicità del Tampax e lo piazzo davanti a mia figlia/figlio, così, giusto per mettere le cose in chiaro.

Mentre il mondo si scanna per i follower falsi e l’ennesima foto che nulla lascia all’immaginazione, il progetto più femminista degli ultimi anni, ha spaccato l’internet.

Amen.

Ora, vorrete scusarmi, se mi metto in un angolo a piangere di felicità.

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