Alert: questo è un articolo un po’ complesso. Se non hai tempo, salvatelo e leggitelo quando ne avrai.
Uno degli autori che più raccomando, giusto per essere invasi da una bella botta di positività, è Jean Baudrillard
Baudrillard era sociologo e scrisse, nel corso della sua vita che ha attraversato vari stadi del consumismo e della comunicazione di massa, opere parecchio critiche e forti nei confronti del consumo.
Baudrillard sostiene nelle sue opere che le merci, i prodotti, assumono un valore simbolico. Ciò significa che non importa il loro valore d’uso, il bisogno che una persona effettivamente ha rispetto a un oggetto specifico, ma il significato che quello specifico oggetto ha per chi lo ha comprato.
Lui poi assume che il consumo diventa un “codice semiotico”.
Insomma, per farla breve siamo circondati da “cose che comunicano” da simboli, segni, simulacri.
Ora, nei capitoli precedenti io vi avevo detto quanto gli archetipi giochino un ruolo fondamentale nella definizione del Chi Siamo, la spiegazione di questo è scritta nelle teorie di Baudrillard che qui ho riassunto in maniera così sintetica da meritarmi uno scappellotto.
L’essere umano funziona bene quando capisce, senza che glielo spieghi.
Questa affermazione può suonare banale, ma non lo è.
Se riusciamo a inserire ciò che ci dicono in uno schema che noi già abbiamo nel cervello, riusciamo a capirlo immediatamente e senza spiegazioni.
Quando vediamo una fotografia di un uomo alto, bello, ben piantato, elegantemente vestito che abbraccia un bambino, qual è la storia che ci viene immediatamente in mente?
Quando vi dicono che “dovete contribuire al benessere della società” cosa vi viene in mente? Io scommetto che il primo pensiero non va a Greta Thunberg o a chi nella vita ha deciso di lavorare alla Caritas.
Siamo totalmente immersi in figure retoriche, anche quando vogliamo fare le “pecore nere” (ops…I did it again, ho attivato uno schema ben preciso, vero?)
A chi dobbiamo tutto ciò? Alla comunicazione, al marketing e ai mass media. Non che prima archetipi e simulacri non esistessero, son innati nell’essere umano e sempre esistiti: pensate all’Olimpo greco, solo che la forza dell’innovazione tecnologica legata alla diffusione del messaggio e la necessità di accelerare la crescita economia all’infinito ha generato un Big Bang.
Chi lavora nella comunicazione, chi fa Marketing Communication ha in mano non solo merci, ma significanti ed è qui esattamente a questo punto che non si può lasciare da parte due cose: L’Etica e la Morale e il fatto che se nel corso degli anni alcune cose sono andate un pelo storte, è colpa (anche) dei marketers.
Sempre considerando le merci come segni e simboli, mi contraddico apparentemente rispetto a poco fa, quando ho scritto che il fine ultimo della Marketing Communication è vendere.
Vendere cosa, esattamente?
La Vendita presuppone uno scambio, ad un primo livello io potrei pensare che il marketing spinga verso una transazione basica: Merce in cambio di danaro. Ma se fosse davvero così, che necessità potrà mai esserci nel pagare un testimonial sportivo per promuovere un deodorante?
Il punto infatti è che non ti puoi limitare a vendere qualcosa e basta, devi trasferire anche un’emozione.
Figurarsi una società che va altre il reale, come la nostra.
Figurarsi quando è in corso una Pandemia…il fatto è che se le aziende appaiono improvvisamente senza voce, e se continuasse così? Se non fossero in grado di trovarla?
Vendere solo un prodotto non è (più) possibile adesso, puoi comunicare se hai un impianto di valori così solido e conclamato che la fiducia te la sei guadagnata prima e quindi PUOI parlare e devi. Ma se per anni ti sei limitato a fare la reclame come negli anni ’50, pensando che andasse bene così e pure insistendo?
Se per anni hai capito male il concetto di storytelling tagliando sui contenuti veri e limitandoti a stare “sopra come l’olio” perchè tanto bastava?
Se solo qualcuno vi avesse detto “What if”
Comunicare è un’arte. Il Marketing è un’arte. Le merci sono simboli, simulacri. I mezzi di comunicazione sono innumerevoli eppure si tace.
Per il rispetto? No, perché non si sa che cosa dire senza pestare una deiezione di cane.
Eppure è il momento di tirare fuori tutta la potenza del Brand.
Se hai qualcosa da dire DILLA e fallo bene, costruisci la FIDUCIA.
Perchè se qualcuno vi fa l’onore di comprarvi, scegliervi, significa che si fida, che vi crede e si merita rispetto.
Ritrovate la voce, o meglio ancora, ripensate alla vostra strada.
Sappiamo molto bene che i comportamenti dei consumatori non sono perfettamente razionali, ma sappiamo anche che un messaggio ben piazzato vale oro colato e vale nel lungo periodo. Parlare ora, ripensare al dopo: rivoluzionare il dopo. Non per tutti, però, per alcuni. Per alcune aziende non farà alcuna differenza il prima e il dopo: a mio parere.
Ma per le automotive potrebbe essere davvero complicato. Hanno sempre cavalcato l’onda dell’Explorer, del viaggio e della libertà, ma non sappiamo se sarà ancora così. Forse meglio concentrarsi sulla sostenibilità, sulla comunità, sulla scoperta senza calcare la mano sull’improbabile “infinito e oltre?”. E per la moda? Miliardi bruciati in collezioni, anni a ripetersi che NON era un modello sostenibile: ecco fatto. Mentre si piange per gli stock in magazzino, in Bangladesh sono a casa senza stipendio migliaia di persone.
Si potrà davvero andare avanti così? Con che caspita di coraggio? Spiegatemelo.
Fino a dove saremo disposti a spingere il messaggio? A chi lo affideremo? Nelle mani di chi? Perchè anche questo farà a differenza. Il simulacro nelle mani di un simbolo, ma quale simbolo? Eroico? Magico? Creativo?
Fino ad oggi le “cose” finivano nella maggior parte dei casi nelle mani dei Lovers, un edonismo che in rarissimi casi si è dimostrato essere fatto di un’altra pasta e sostanza. Saremo ancora disposti a sopportarlo?
Tutto dipende a cosa vorremo somigliare.
Badate bene che i messaggi che verranno costruiti dopo questa Pandemia avranno l’onere di spingere verso un determinato immaginario.
Badate bene.
Immaginate bene.
La prima parte di questo articolo è tratta dal prossimo capitolo de il Bigino Formenti
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