Era il 23 Maggio del 1992 e mi mancò il fiato.

In un pomeriggio tiepido di Maggio, ebbi paura di morire…per la prima volta.

Quel pomeriggio moriva Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Moriva un uomo, nasceva un eroe. No, era già un eroe prima di morire.

Lo sapevamo noi quel giorno. Lo sapevamo bene. Lo sapevamo tutti.

Gli eroi nascono come? “Chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola”.

Contano le azioni e non le parole. Ma non possiamo essere tutti eroici ed eroiche, possiamo tutt’al più fare il nostro dovere e farlo ricordandoci che non siamo un’isola speduta.

Siamo comunità, siamo cittadinanza. Questo possiamo e dobbiamo ricordarlo sempre.

Trent’anni dal quel 1992 terribile. Ma ce lo ricordiamo davvero com’è essere cittadinanza?

Ce lo ricordiamo davvero cosa vuol dire lottare per dei giusti principi? Lottare non solo per noi e il nostro egoismo, ma per un bene più grande e duraturo.

Trent’anni oggi e ricordo ancora quanto mi mancò il fiato.

Ma trent’anni dopo ne faccio ancor più tesoro, perchè so quanto abbiamo bisogno di ricordare che Falcone vive ancora e cammina con le nostre gambe.

Noi che all’epoca eravamo bambini o poco più e adesso -forse- genitori, sicuramente adulti e probabilmente non ci manca più il fiato.

Ma dovrebbe.

Dovrebbe, per tutte e tutti coloro che provano a svuotare il mare col secchiello. Per le teste di minchia che ci provano, come direbbe Borsellino.

Non siamo noi col secchiello, lo sappiamo. Ma possiamo passarglielo, almeno quello, quello sì. Rendere più facili le trasformazioni giuste.

Possiamo prendere posizione e scegliere da che parte stare.

Possiamo essere coerenti con la nostra scelta.

Possiamo fare lo sforzo di studiare, approfondire e raccontare.

E camminare a testa alta. Senza paura.

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