Nel precedente articolo ragionavo – o sproloquiavo- sul pricing dei media attivi sulla Rete

C’è da aggiungere che più i media digitali ragioneranno in termini strategici sul pricing, più il cliente avrà la possibilità di fare scelte consapevoli. Il pricing rimarrà sempre un elemento valutativo e un elemento di posizionamento, ma arriviamo al punto: l’estrema frammentazione del settore pone un grande problema di investimento.

Il budget è per sua natura una “risorsa scarsa”, per cui è impensabile riuscire a coinvolgere tutti i player/media che parlano  di argomenti potenzialmente in linea con le necessità di comunicazione della mia azienda.

Devo operare una scelta, e quanto più consapevole sarà questa scelta, tanto più avrò un ritorno del mio investimento.

Tutto questo in linea teorica, a livello pratico fare una scelta consapevole è davvero difficile e nel corso del tempo si sono empiricamente riscontrate delle “puttanate” colossali e mi passerete il francesismo, vero?

Il punto focale è che dal 2006 ad oggi e quindi indicativamente in 10 anni, c’è stata una trasformazione profonda nel mondo dei media digitali e, se si guarda bene, essi stessi si sono aggregati in gruppi strategici ben definiti indipendentemente dall’argomento driver che regola i contenuti del blog/pagina social/ portale etc…

Ci sono i player – pochi- con una proposta editoriale di alto livello e indipendenti, con una politica di pricing variabile a seconda del lavoro commissionato, non si pone comunque a basso prezzo. Questi sono definibili e posizionabili nella casellina “partner” di un possibile Canvas. Sono i media di POSIZIONAMENTO, coloro che rappresentano in toto il valore aziendale ed operano sui contenuti un’innovazione sostanziale.

Ci sono i player – più numerosi- con una proposta editoriale di alto livello, ma dipendenti dai dettami del cliente. Ciò significa che benché a livello iconografico siano rilevanti e curati, non operano una personalizzazione sostanziale, ma superficiale. Il pricing e mediamente alto, più per fattori come immagine e numeri che per progettualità. Nel loro gruppo strategico sono piuttosto agguerriti e la concorrenza tra loro li spinge ad una omologazione piuttosto importante, un’omologazione pericolosissima. Questi sono definibili di CONSOLIDAMENTO e sono posizionabili nella casellina CANALI di un possibile Canvas, tanto quanto un publiredazionale. A causa della loro omologazione organica, la minaccia più ricorrente è trasmettere all’utente finale un potente déjà vu, pertanto è cosa buona e giusta considerare con attenzione le tempistiche della campagna  e studiare con precisione i profili da coinvolgere, altrimenti si ottiene con estrema facilità un totale disinteressamento da parte del target (un fenomeno tipo cecità da banner) e NON è quello che si vuole ottenere.

Ci sono player – la maggioranza- con una proposta editoriale accettabile a prezzi mediamente bassi. Sono definibili come FOLLOWER e pertanto il loro agire è assimilabile a questa fattispecie. Molti, tuttavia, non tralasciano cura e attenzione nel proporsi, altrettanti godono di una reach di tutto rispetto e non è detto che siano determinati a muoversi verso altri gruppi strategici. In questo caso specifico la loro utilità è molto vicina la volantinaggio 2.o per cui, a mio parere, devono essere gestiti con estrema attenzione. L’utente finale non gradisce più un sovraccarico di informazioni identiche, per cui per ottenere il meglio sarebbe bene differenziare fin dall’inizio i contenuti, così ché il messaggio della campagna possa arrivare ad un grande numero di persone e soprattutto possa essere recepito in modo corretto spingendo il lettore a un’azione specifica (che non è quella di dire: lostaifacendomaleragazzo! tutto attaccato)

Chiaramente queste sono semplificazioni, all’interno dei vari gruppi esistono ulteriori differenze, nonché opportunità. Sempre di più, e  ce lo dicono le ultime teorie sul marketing emozionale, è bene fare una ricerca cesellata dei partner con i quali si decide di attivare le varie campagne e a chi affidare il valore del proprio marchio, un’attività che implica tempo e risorse, soprattutto risorse.

Se nel 2006 vincevano dei contenitori “tutti frutti”, i classici magazine on line, nel 2015 l’essere in Rete è più legato a un progetto definito o addirittura a una faccia e non è detto che tutte le facce siano giuste, come non è detto che sia giusta una sola faccia per una miriade di prodotti. Ragionare in modo trasversale sarà, a mio parere la tendenza nei prossimi anni: suddividere le campagne in step ed ottenere in primis una proposta di valore emozionale molto forte e condivisa, permetterà anche di gestire al meglio una fase -necessaria- di divulgazione universale.

Di base è bene ricordare sempre: Content is the King.

Come al solito attendo commenti.

Chiara

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